Anno XLII - n. 2 - giugno 2017

  

Editoriale

 

               Le sfide ci aiutano a far sì che la nostra fede non diventi ideologica.

               Le ideologie crescono quando uno crede di avere la fede completa.

               Le sfide ci salvano da un pensiero chiuso e definito

               e ci aprono a una comprensione più ampia del dato rivelato [1]

              
                   Noi dobbiamo avviare processi. [2]

 

La nostra rivista attinge ormai regolarmente alle parole di papa Francesco, non perché ci aspettiamo una soluzione “dall’alto” dei molti problemi che la Chiesa ha difronte, ma piuttosto perché li porta alla luce come non più rinviabili, avvia processi non affidandosi alla “forza” dei numeri ma alla “debolezza” della testimonianza, e lascia spazio a proposte che vengano “dal basso”.

Un proverbio cinese dice: “Se pensi all'anno prossimo, semina il granturco. Se pensi ai prossimi 10 anni, pianta un albero. Se pensi ai prossimi 100 anni, istruisci le persone”.

Cento anni sembrano tanti, ma non dimentichiamo che il Card. C. M. Martini ha valutato in duecento anni il ritardo della Chiesa nell’incontro con la modernità! Negli ambienti più conservatori della Chiesa si guarda con sospetto a questo incontro, soprattutto per quanto attiene alla dottrina sul matrimonio e la famiglia, ma noi crediamo che esso possa avvenire, senza tradire l’annuncio evangelico, ma al contrario cogliendone l’inesauribile novità.

In questo senso si muove la riflessione di Giovanni Grandi attorno al tema dell’indicazione per i divorziati risposati a vivere “come fratello e sorella”: “La fedeltà è quella tenuta del nostro desiderio di donarci in via esclusiva, facendo di noi stessi qualcosa di unico per l’altro/a. A meno di non ridurre l’umano a una meccanica del piacere sensuale … l’unione sessuale si inserisce in una storia, che è fatta di infiniti altri gesti di donazione … e ben si presta a diventare non solo l’emblema, ma anche … e più direttamente il sintomo della salute e della consistenza della relazione stessa”.

Anche Andrea Grillo rileva l’ambiguità di tale indicazione, quale condizione per accedere al sacramento dell’eucarestia, e nota il mutamento di prospettiva introdotto da Amoris Laetitia: “In effetti la disciplina secondo cui i divorziati risposati possono accedere alla pienezza della comunione ecclesiale se promettono di vivere “in continenza” – “come fratello e sorella” – costituisce una “soluzione” che risponde perfettamente alla definizione che ho citato all’inizio (“Il consenso matrimoniale è l’atto di volontà con il quale ciascuna delle due parti trasmette e riceve il diritto sul corpo –ius in corpus-), perpetuo ed esclusivo, in ordine agli atti di loro natura adatti alla generazione della prole" (can. 1081 § 2 – cjc 1917). Se non eserciti lo “ius in corpus” di fatto svuoti il matrimonio (secondo) della sua realtà e salvaguardi la “unicità” dell’unico ius sull’unico corpus.

Ora è certo che Amoris Laetitia ha compiuto un passo molto importante nel “ridimensionare” le prerogative di questa “soluzione”.

Tornano le parole di Francesco: “le sfide ci salvano da un pensiero chiuso e definito e ci aprono a una comprensione più ampia del dato rivelato”.

Lidia Maggi affronta la domanda “Che cosa spinge un uomo, una donna, a decidere di dedicare anni, decenni della propria vita per crescere, educare, accudire un'altra persona, rinunciando al proprio tempo libero, mettendo in secondo piano i propri interessi? “ e, riflettendo sul tema della riduzione della natalità, richiama l’attenzione sul fatto che, contrariamente a semplicistiche proposte quali il fertility day “Occorre riscoprire, invece, una grammatica della generatività”.

Roberto Brusutti torna sul tema di cui ha scritto nel numero precedente la sua sposa: finché morte non vi separi. E scrive: “La scrittura mi dice che posso contare su un Dio che si chiama “Colui che c’è e ci sarà sempre” (Esodo 3,14), che, se è già stato una presenza relazionale importante anche quando avevo a fianco moglie e figli, magari continuerò ad avvertirlo vicino a me anche da vedovo e solo … Questo è per fede, non per conoscenza. Quello che posso conoscere della mia vita è il tratto che va dalla nascita alla morte, sapendo che c’è stato un prima, gestazione, e che non è da escludere che ci possa essere un dopo; un dopo che non conosco, sul quale non ho parole mie”.

Luisa Solero racconta la doppia celebrazione del matrimonio della figlia Maria Cristina in Italia, con rito cattolico, e in India dove il matrimonio “E’ una festa di sorrisi, di vesti colorate, di musiche e di danze, di serate con pietanze tipiche, di giardini, di addobbi e di luci. E la cerimonia del matrimonio ha la magia dell’incontro, sembra di essere in una delle storie da Mille e una Notte”.

Nella terza di copertina abbiamo creduto opportuno riproporre ai lettori che per la prima volta hanno voluto accordarci fiducia, abbonandosi a Matrimonio, la presentazione del gruppo redazionale, che è presente anche nel sito web www.rivista-matrimonio.org della Rivista.

Alle nostre famiglie “imperfette” dedichiamo la poesia di Alda Merini: “Perderti è come perdere la speranza/ ed io ti ho perduto/ non una ma un milione di volte/ e ritrovarti è come sorgere dall’eterno peccato/ per vedere le falle della vita/ ma anche le tue mobili stelle: / Tu sei un Dio d’amore”.

Furio Bouquet

 


[1] Papa Francesco, Visita pastorale a Milano, 25 marzo 2017, Omelia alla S. Messa al Parco di Monza

[2] Idem, Incontro con i sacerdoti e i consacrati, Duomo di Milano.

 


 

 

   
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