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Anno XXXII - n. 2 - giugno 2007

 

S. Fotioi – A. Marini – G. Patronos – C. Yannaras 

L’amore e il matrimonio secondo gli ortodossi

 

È stato pubblicato recentemente, a cura del priorato di S. Egidio di Sotto il Monte (Bergamo) e della Libera Associazione culturale “Interlogos” di Schio (Vicenza), un libro contenente alcuni saggi di autori ortodossi sull’amore e sul matrimonio.

Il titolo “La cella del vino” fa riferimento al cantico dei cantici (Ct 2,4: “Mi ha introdotto nella cella del vino e il suo vessillo su di me è amore”) per sottolineare come la spiritualità ortodossa sappia interpretare con forte realismo l’amore fra l’uomo e la donna.

I primi due saggi descrivono in dettaglio le fasi e le preghiere della cerimonia nuziale ortodossa per poi spiegare la sete d’amore dell’uomo e la sua debolezza, l’individualismo, l’appropriazione e il possesso dell’altro:“Dinanzi al muro dell’egoismo che separa e divide, gli uomini cercano di garantire l’armonia del loro legame ricorrendo alle regolamentazioni della legge” (pag. 39), ma le giare delle nozze di Cana sono sei e non sette, perché “il numero sei, che precede il perfetto sette, mostra simbolicamente l’impotenza della legge in ordine alla verità” (nota a pag. 39). Vengono espresse alcune problematiche connesse al modo di affrontare l’amore: “L’uomo contemporaneo cerca l’esperienza sessuale senza provare amore” (pag. 50). “Il rapporto dei coniugi cessa di costituire apertura dell’uno verso l’altro” (pag. 51).

C’è poi la terza parte più approfondita e teologica secondo la chiesa ortodossa. Sia nell’Antico Testamento sia nel Nuovo “il matrimonio assume la forma di ‘via’ che conduce al regno di Dio. La donna attraverso il suo uomo, l’uomo attraverso la sua donna, ed entrambi attraverso il sacramento del loro matrimonio si trovano a camminare verso il regno dei cieli” (pag. 75) “... il matrimonio diventa il ‘principio dei segni’ del regno di Dio” ... “nei primi anni della Chiesa il matrimonio non costituiva un rito particolare e indipendente, ma si trovava organicamente unito alla divina Eucaristia: rendeva degni gli uomini di partecipare anche al banchetto eucaristico del regno” (pag. 77) ... “I novelli sposi, durante il rito della coronazione, vengono equiparati agli apostoli della Chiesa, perché sono ‘inviati’ con il loro matrimonio a predicare a tutto i mondo l’esistenza dell’amore”(pag. 81) ... “Lo sposo e padre di famiglia è una specie di ‘ministro nella piccola chiesa’ e la sposa e madre è ‘l’altare liturgico’ per la celebrazione del loro sacramento nuziale” (pag. 82). L’autore indica un aspetto eucaristico nel matrimonio, in quanto nel loro incontro i due giungono ad essere una nuova carne,  e anche un aspetto pentecostale, dato che è la discesa dello Spirito Santo a rendere l’atto umano dello sposalizio “azione divina per il completamento e arricchimento dei coniugi nel secolo presente e in quello futuro”(pag. 83).

A proposito della sessualità nel matrimonio l’autore afferma: “La diversità della tradizione orientale e occidentale appare in tutta evidenza anche nell’atteggiamento delle due Chiese dinnanzi al matrimonio dei membri del clero, ... in oriente il sacerdozio ha abbracciato sia il matrimonio che il celibato come due facce della vita ecclesiale e come due vie che conducono l’uomo alla perfezione e alla divinizzazione” (pag. 97).

Poi aggiunge “La sessualità nell’uomo è molto diversa da quella che riscontriamo nel mondo animale, perché tocca anche funzioni fondamentali dello spirito, quali la libertà e la responsabilità” (pag. 99) e conclude: “la concezione secondo cui la funzione sessuale non avrebbe nulla di specifico ma sarebbe simile alle altre funzioni organiche non trova accoglienza nella teologia”(pag. 100).

 Un’altra affermazione interessante è che “la chiesa ortodossa non ha per nulla la tendenza a fornire ricette morali e a legiferare al di fuori dell’ambito puramente spirituale” (pag. 118) ... In nessun passo della Sacra Scrittura si sostiene che l’unico fine dei coniugi sarebbe la procreazione” (pag. 119).

A proposito del divorzio l’autore afferma che esso “viene concesso non per premiare il coniuge colpevole ma come possibilità per la vittima di liberarsi dalle grinfie della durezza di cuore e della vita dissoluta del compagno e come una nuova occasione per ricercare la pienezza dell’amore e della fedeltà coniugale in un secondo o terzo matrimonio” (pag. 132).

Nell’ultima parte, che ha per sottotitolo “Il dramma di un cristianesimo senza eros”, si fa una interessante affermazione: “Non è fortuito il fatto che, se negli animali la distinzione sessuale è presentata nella Bibbia in termini di contemporaneità rispetto alla loro creazione, nel caso dell’essere umano sia invece plasmato dapprima l’uomo e dopo, da una parte del suo corpo, la donna. Nel caso del genere umano la distinzione dei sessi non rappresentava una necessità biologica, una condizione per la riproduzione. La donna è creata come aiuto all’uomo. Aiuto nella sola e unica opera dell’uomo, la somiglianza con Dio e la partecipazione alla vita divina” (pag. 178).

Dopo aver discusso poi tra eros e celibato si afferma che respingere l’eros dimostra una “paura di diventare adulti, paura della libertà, del rischio personale – e questa è la tipica definizione medica della nevrosi” (pag. 201). La conclusione è: “La vita senza eros genera sempre i pubblici accusatori biliosi che lanciano fulmini contro la putrefazione sociale, la dissoluzione della famiglia, l’intristimento dei costumi ... Il Dio della religione e della legge è la stampella della nostra insicurezza egocentrica ... Il Dio dell’esperienza ecclesiale si trova agli antipodi del terrore e della minaccia ... Il segno del vero eros è la scomparsa del timore. L’innamorato non ha paura, perché non rivendica nulla, non gli manca nulla. Ha venduto tutti i suoi averi e ha comprato soltanto la perla preziosa” (pagg. 207 e 208).

 In conclusione il libro può dare utili spunti per ragionare sulla nostra posizione “occidentale” a proposito degli argomenti trattati.

Armando Scalisi

 

   
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