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Anno XXVI - n. 2 - giugno 2001

 

 

Jean-Luc Nancy

 

Essere singolare plurale

 

Einaudi, Torino, 2001, pag. 131

 

 

Venite

Venite, parliamo tra noi.                                "Ego sum = ego cum" [...] "singolare plurale:
Chi parla non è morto,                                   cosicché la singolarità di ciascuno è indissociabile
già tanto lingueggiano fiamme                       dal suo essere con tanti, e poiché in effetti, in generale,
intorno alla nostra miseria.                             una singolarità è indissociabile dalla pluralità".
Venite, diciamo: gli azzurri,
venite, diciamo: il rosso,                                  
J.-L. NANCY, Essere singolare plurale, pp. 46-47
sì ascolta, si tende l'orecchio, sì guarda,
chi parla non è morto.

G. Benn in Aprèslude, Einaudi, 1966


    

Da tempo alcuni filosofi hanno preannunciato la possibilità di una "morte della filosofia", il che significa anche la fine di un certo modo di filosofare, di vivere la filosofia, e quindi di esistere. Nel libro di Nancy, invece, si apre la via per una "nuova filosofia", per un pensiero che "si fa" con il mondo che viviamo, che accade nel mondo che noi siamo.

Non si tratterebbe, così, di una filosofia dell'avvenire ma di un pensiero del presente, un pensiero sorgivo e diveniente, decostruttivo-costruttivo, comunitario-singolare nello stesso tempo.

Ripensare al senso dell'essere significa anzitutto ripensare l'essere a partire dal con dove l'essere cessa di essere un nome disincarnato, una sostanza anonima ed astratta per divenire il luogo dell'esistenza reale, l'intreccio vivo e differenziato delle singolarità plurali.

Nulla precede l'esistenza: l'origine stessa non è altro che l'insieme danzante delle singolarità dove tutto e tutti si espongono, si toccano, si distanziano e "fanno mondo".

Si avverte, allora, l'importanza del linguaggio o meglio della pluralità dei linguaggi frutto di molteplici incontri, urti, shock, battiti tra le singolarità plurali.

Si avverte anche la necessità di far problema circa una nuova etica fondata sulla coessenza, sulla convivialità, sulla curiosità e sulla fiducia e l'abbandono agli altri (cf. J.-L. Nancy, L'essere abbandonato, Quodlibet, 1995).

Se, infatti, c'è un mondo, questo è grazie al tratto e alla spaziatura che unisce e differenzia "me" e le altre singolarità. Diviene, quindi, necessario un nuovo pensiero riguardo al "politico", alla città e alla comunità.

Ma anche un pensiero che faccia spazio, forse per la prima volta nella storia della filosofia, all'amore e alla relazione ... diviene necessaria una filosofia degli affetti.

"... Così, l'amore è l'abisso tra il sé e il sé, è 'l'affetto' o il 'prendersi cura' di ciò che all'origine sfugge o si manca: consiste nel prendersi cura di questo ritrarsi e in questo ritrar-si. Per cui questo amore è 'carità': è valutazione della caritas, del costo o del valore estremo, assoluto e quindi inestimabile dell'altro in quanto altro, cioè in quanto sé-ritratto-in-sé. Questo amore definisce il costo infinito di ciò che è infinitamente ritratto: l'incommensurabilità dell'altro" (ivi, pag. 108).

Ramona Parenzan

   
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